L’autonomia patrimoniale delle società di gruppo comporta che una società capogruppo non possa essere chiamata a rispondere dei debiti contratti dalle controllate. Se non ricorrono gli estremi dell’abuso dell’attività di direzione e di coordinamento, i creditori delle controllate potranno agire nei confronti della controllane solo se dispongono di uno specifico titolo giuridico. Ad esempio, se la capogruppo ha loro rilasciato specifiche garanzie reali o personali. Fra le possibili fonti di responsabilità della capogruppo vanno ricomprese le cosiddette lettere di patronage, dichiarazioni della capogruppo rilasciate a banche per favorire il finanziamento delle società controllate, diffusesi soprattutto nella prassi dei gruppi internazionali, in sostituzione delle tradizionali garanzie personali (firme cambiarie o fidejussioni).

Il contenuto delle dichiarazioni contenute nelle lettere di patronage non è omogeneo: la capogruppo si limita ad attestare l’esistenza di una partecipazione di controllo, con l’impegno di comunicarne l’eventuale dismissione nonché a formulare dichiarazioni generiche in merito alla solvibilità del gruppo (c.d. lettere deboli). Altre volte, però, le lettere di patronage contengono dichiarazioni più impegnative: la capogruppo afferma che eserciterà tutta la sua influenza affinchè la controllata faccia onere alle proprie obbligazioni ed eventualmente si impegna a fornire alla stessa i mezzi finanziari necessari (c.d. lettere forti).

Il valore giuridico di tali lettere ovviamente varia a seconda di quanto è nelle stesse scritto, pur dovendosi escludere che esse diano vita a vere e proprie obbligazioni fideiussorie della capogruppo. Opinione assolutamente pacifica è il fatto che le lettere di patronage forti sono fonte di responsabilità, in caso di inadempimento della controllata: le dichiarazioni della capogruppo possono essere ricondotte nello schema della promessa del fatto del terzo (articolo 1381 codice civile) o tra le garanzie personali atipiche.

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