Cambiamenti strutturali dell’economia hanno spinto la Fed ad adottare una nuova strategia di politica monetaria, per non si consolidare aspettative di inflazione al ribasso. Le altre banche centrali la seguiranno in questo percorso (ancora) più espansivo?

Le parole di Powell

Lanciato da un simposio di Jackson Hole per la prima volta in formato virtuale a causa dell’emergenza legata al Covid-19, l’annuncio di Jerome Powell di una nuova strategia di politica monetaria da parte della Fed ha riempito le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Almeno per i prossimi cinque anni, nel Consensus Statement del Consiglio della Federal Reserve non verrà più fatto riferimento al target puntuale di inflazione al 2 per cento nel lungo termine, ma al target medio del 2 per cento, calcolato su un periodo di tempo da definire a discrezione dello stesso Consiglio.

L’annuncio, che apre alla possibilità di tollerare in futuro livelli di inflazione più alti, non costituisce di per sé un cambiamento di rilievo del modo in cui la Fed già opera. Il governatore Powell, circa un mese fa, aveva infatti dichiarato: “i cambiamenti che faremo alla dichiarazione sugli obiettivi a lungo termine della strategia di politica monetaria in verità codificano il modo in cui stiamo già agendo con le nostre politiche”, come a voler dire che i cambiamenti introdotti sarebbero stati più di forma che di sostanza. Nelle parole pronunciate dal governatore a fine agosto si possono però trovare ulteriori spunti di riflessione che vanno al di là della notizia da prima pagina.

Powell fornisce un puntuale resoconto delle lezioni apprese in questi anni, che hanno portato a rivedere la strategia di politica monetaria. Quattro sviluppi macroeconomici hanno modificato il quadro di riferimento:

  1. La crescita potenziale dell’economia è diminuita,

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