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Affitti brevi e turistici: arriva la tassa di soggiorno obbligatoria

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Novità in materia di locazioni ed affitti brevi e turistici: secondo il D.L. 50/2017 convertito con modifiche dalla Legge n.96 del 21 giugno 2017, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 23 giugno: introduzione dell’obbligatorietà di applicazione della tassa di soggiorno sui contratti di affitto breve.

La tassa di soggiorno è obbligatoria sia nel caso in cui si tratti di contratto di locazione breve e turistico concluso direttamente dal soggetto proprietario dell’immobile con l’inquilino-turista sia nel caso in cui il contratto sia stato concluso per intervento dell’intermediazione di agenti immobiliari. Come sancito dal dettato normativo il soggetto che incassa il canone di locazione ed interviene nel pagamento, è responsabile anche del versamento dell’imposta di soggiorno nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale.

Con deliberazione del consiglio comunale, la tassa di soggiorno è applicabile in proporzione al prezzo, sino all’ammontare di 5 euro per notte di soggiorno. Grazie al dettato normativo introdotto, ogni Comune con apposita delibera regolamentare può rimodulare l’imposta di soggiorno.

Fino al mese di giugno la tassa di soggiorno era applicabile solo nel caso di attività svolta in maniera professionale, da parte dei Bed&Breakfast e dei gestori di case ed appartamenti vacanza che stipulano contratti di locazione brevi e di affitto turistico. Dal corrente mese anche per chi intende affittare il proprio appartamento o casa per uso turistico deve procedere con il versamento e l’applicazione della tassa di soggiorno.

Scoppiata la “Bolla COOP”: 11,3 miliardi di euro rischiano di “andare in fumo”

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Non solo fallimenti e salvataggi delle banche, non solo i risparmi dei correntisti italiani sono a rischio, adesso anche la COOP con i c.d. Prestiti sociali cooperativi è sotto l’occhio del ciclone per 11,3 miliardi di risparmio a rischio.

Coop, oltre ad essere il noto logo operante nel comparto della distribuzione commerciale di prodotti e generi alimentari, da tempo ha affiancato il suo “core business” con la concessione di prestiti sociali. Ma che cos’è il Prestito sociale? Uno strumento utile e conveniente, che consente ai soci di della Coop di affidare i propri risparmi alla Cooperativa, e di contribuire al suo sviluppo. Al pari di un libretto di risparmio, i soci Coop ricevono un rendimento sul capitale e possono accedere a una serie di servizi comodi e sicuri.

Essendo uno strumento gratuito, ben 1,2 milioni di soci avrebbero sottoscritto ed affidato i propri risparmi alla Cooperativa e sarebbero stati raccolti fino a 11,3 miliardi di euro. Ma, data la marea dei fallimenti e le difficoltà delle cooperative con numerose perdite di milioni di euro, si è venuta a generare una vera e propria “bolla”. Diversi sono i casi di sottoscrittori danneggiati che hanno protestato dinanzi a Montecitorio, con il sostegno di Federconsumatori, che ha annunciato l’allarme sul fatto che la Coop abbia arrecato danni irreparabili ai soci risparmiatori.

Sembra una pagina di storia riconducibile ad una banca e non di certo alla Coop; tuttavia, è la realtà triste ed amara: ben 1,2 milioni di persone, gente lavoratrice ed umile potrebbe vedere “andare in fumo” i propri risparmi, per un ammontare di 11,3 miliardi di euro.

In arrivo Canone Rai Speciale per i titolari di Partita: pagamenti e disdetta

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In questi giorni ai titolari di Partita Iva siano imprese individuali e societarie, liberi professionisti etc. arriverà un bollettino postale relativo al pagamento del Canone Rai Speciale. Devono pagare il Canone Rai Speciale tutti coloro che detengono uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radio televisive in esercizi pubblici, in locali aperti al pubblico o comunque fuori dell’ambito familiare, o che li impiegano a scopo di lucro diretto o indiretto.

Secondo il dettato normativo, l’importo del canone Rai speciale varia a seconda del tipo di attività svolta, del tipo di segnale ricevuto (radio o TV) e del numero di apparecchi posseduti: “Devono pagare il canone speciale coloro che detengono uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive in esercizi pubblici, in locali aperti al pubblico o comunque fuori dell’ambito familiare”.

Da quanto si evince dalla disposizione legislativa, il canone Rai speciale è dovuto quindi da hotel, studi professionali, bed and breakfast, associazioni, circoli, sedi di partiti politici, negozi, etc.; rimangono esentate dall’adempimento del pagamento le scuole, gli enti pubblici e i centri sociali per anziani.

Se sei titolare di Partita Iva e hai un computer o televisione provvisto di sintonizzatore allora sei tenuto a pagare il Canone Rai Speciale; lo ha specificato in dettaglio la nota del 22 febbraio 2012 del Ministero dello Sviluppo Economico:

solo apparecchi atti o adattabili a ricevere il segnale audio/video attraverso la piattaforma terrestre e/o satellitare sono assoggettabili a canone TV. Ne consegue che di per sé i computer, se consentono l’ascolto e/o la visione dei programmi radiotelevisivi via Internet e non attraverso la ricezione del segnale digitale terrestre o satellitare, ed i vecchi televisori analogici non sono assoggettabili a canone”.

Per quanto concerne la validità, il Canone speciale ha validità limitata all’indirizzo per cui è stipulato, indicato nel libretto di iscrizione. Tutti coloro che detengono più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radio televisive in sedi diverse dovrà stipulare un canone per ciascuna di esse (catene alberghiere o filiali di banca). Il Canone è strettamente personale: in caso di cessione degli apparecchi o di cessione o cessazione dell’attività, si deve disdettare l’abbonamento del canone alla RAI, inviando alla sede regionale RAI competente per territorio, comunicazione di disdetta del canone speciale, mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, specificando la destinazione dell’apparecchio.

Italia Startup VISA 2017: anno record di candidature

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Il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) ha reso noto il nuovo Rapporto aggiornato al 30 giugno 2017 inerente l’invio delle candidature: nel primo semestre del corrente anno, il programma Italia Startup Visa – lanciato a giugno dell’anno 2014 per semplificare la procedura di erogazione del visto per lavoro autonomo a favore dei talenti e potenziali imprenditori non UE che intendono avviare una startup innovativa in Italia – ha fatto registrare un boom totale di 252 candidature.

Di queste 252 candidature pervenute, 151 (il 59,9%) hanno avuto esito positivo, risultando nel rilascio di nulla osta per la concessione del visto startup. 78 (il 31%) hanno avuto esito negativo, mentre in altri 10 casi la procedura è decaduta senza giungere alla fase di valutazione. In 13 casi la procedura risultava ancora in corso, perché in attesa che il candidato trasmettesse ulteriore documentazione (6 casi) o perché il Comitato tecnico Italia Startup Visa&Hub non era ancora giunto a una valutazione definitiva (7 casi). 

Il Report mette in evidenza che la ragione principale del rifiuto delle candidature è l’assenza di carattere innovativo del progetto di impresa proposto, con 30 casistiche; in altri 22 casi invece il business model descritto, seppur innovativo, non è stato reputato sufficientemente solido e credibile. Ciò fa comprendere come il carattere dell’innovazione sia considerato un requisito fondamentale per la valutazione della Start up.

Si tratta di rendere l’Italia un Paese più ospitale per le nuove imprese innovative, le startup siano esse digitali, industriali, artigianali, sociali, legate al commercio o all’agricoltura, o ad altri settori dell’economia. Ciò significa tentare di innescare un’inversione di tendenza in fatto di crescita economica e di occupazione, soprattutto giovanile. Il nostro Paese deve diventare più veloce e dinamico, capace di tornare a scommettere sulle sue energie migliori per recuperare competitività e tornare a crescere economicamente.

Per capire a portata e l’importanza nel nostro tessuto imprenditoriale delle startup innovative, occorre visionare e rimanere aggiornati collegandosi alla Sezione Speciale del Registro delle Imprese dedicata alle startup innovative per comprendere il numero sempre più crescente delle imprese impegnate attivamente nella creazione di un ecosistema maggiormente favorevole all’attività imprenditoriale.

Dal 10 luglio arrivano i nuovi Voucher Presto e Libretto Famiglia

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Da domani 10 luglio partirà l’attivazione online dei nuovi Contratti di Prestazione Occasionale che potranno fruire le imprese fino a cinque dipendenti. Sarà possibile registrarsi sull’apposito servizio fruibile telematicamente su piattaforma INPS: è quanto è stato pubblicato dall’istituto di previdenza con la circolare 107/2017, che riguardano anche il Libretto Famiglia (i nuovi voucher lavoro utilizzabili solo da datori di lavoro domestico).

Abolito il Voucher con il DL 50/2017, adesso sarà possibile fruire di due contratti per lavoro occasionale: il libretto famiglia se il datore di lavoro è persona fisica che non esercita attività d’impresa o di libera professione e per gli altri datori di lavoro, il contratto di lavoro occasionale. Come ha sottolineano l’Inps con la Circolare n. 107/2017 le due diverse forme di contratto si differenziano l’una dall’altra in relazione ai datori di lavoro, ai tempi di comunicazione della prestazione, al regime dei compensi ed alla contribuzione obbligatoria.

In entrambi i casi, si retribuisce una prestazione di lavoro occasionale, nel modo seguente, come definito e stabilito dalla nuova normativa: tetto di 5.000 euro annui per ciascun lavoratore e datore di lavoro, tetto di 2.500 euro per ogni utilizzatore (azienda o famiglia) verso lo stesso lavoratore. L’impresa deve computare il 75% dell’importo versato a titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità, giovani con meno di 25 anni iscritti a un ciclo di studi di qualsiasi ordine e grado, disoccupati, percettori di prestazioni integrative del salario, di reddito di inclusione (REI o SIA), o di altre prestazioni di sostegno del reddito.

Chi fruirà delle due forme di contratto di lavoro occasionale (imprese o famiglia) dovrà scegliere se accedere al Libretto Famiglia o al Contratto Prestazioni Occasionali. In quest’ultimo caso ci sono poi tre differenti iter dedicati a pubbliche amministrazioni, imprese agricole, altre imprese. 

Sia gli utilizzatori sia i prestatori i lavoratori devono fornire le proprie generalità e i dati necessari alla gestione dei rapporti di lavoro. I lavoratori devono inserire ed indicare anche l’IBAN del conto corrente o gli estremi di libretto postale o carta di credito su cui l’INPS effettuerà i pagamenti.

Il meccanismo prevede dunque che l’impresa (o la famiglia) paghi la prestazione all’INPS tramite modello F24 o strumenti elettronici, poi l’istituto previdenziale procederà al pagamento del lavoratore entro il 15 del mese successivo alla prestazione. 

Pubblico Impiego: arriva il decreto che blinda gli assenteisti

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Nel pubblico impiego i rinnovi dei contratti e gli aumenti degli stipendi ruotano intorno agli 85euro mensili di media, con una forbice più alta per chi guadagna meno.

Gli incrementi saranno garantiti per tutti con la perequazione degli incrementi all’interno delle fascie retributive, per gradi maggiori per chi ha stipendi bassi.

Questo è quello che emerge dalla versione finale della direttiva del Ministero sui rinnovi contratti del pubblico impiego.

Come già stabilito nell’accordo del 30 novembre, tra ministero della pubblica amministrazione  e sindacati del pubblico impiego, il sistema di ripartizione degli 85euro medi verrà rimesso agli incontri tra le parti.

Cassazione: avvocato non versa IRAP se il sistema ha impedito invio. (Sentenza 16747 2017)

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La Cassazione ha emesso una sentenza a favore di un avvocato che non dovrà versare l’IRAP e poi chiederne il rimborso se è stato obbligato a presentare il quadro IRAP allegato alla dichiarazione dei redditi solo perché, l’omissione è stata dovuta al sistema informatico del software di compilazione della dichiarazione che non gli ha consentito la trasmissione della stessa dichiarazione IRAP. Lo ha chiarito la cORTE DI Cassazione con la sentenza 16747/2017 .

Il caso
La CTR LAZIO rigettava l’appello del professionista riconoscendo come fondata la pretesa contenuta nella cartella esattoriale di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36 bis DRP 600/73 (CONTROLLO FORMALE) della dichiarazione dei redditi relativo all’anno di imposta 2002.  Il giudice della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in base alle spese per l’acquisto di beni strumentali e di immobili, ed anche in considerazione dei dei compensi corrisposti a terzi, ha ritenuto validi i presupposti dell’automa organizzazione ex articolo 2 del Dlgs 446/1997 che danno diritto al rimborso dell’IRAP una volta pagata regolarmente in dichiarazione.

Inoltre la ctr ha rilevato che IL PROFESSIONISTA, pur avendo provveduto a dichiarare l’imposta dovuta IRAP NON NE AVEVA EFFETTUATO IL VERSAMENTO mentre avrebbe dovuto prima effettuarlo e, poi, chiederne il rimborso, dimostrando di averne diritto. Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione e la Corte lo ha accolto PROPRIO IN CONSIDERAZIONE DEL FATTO CHE L’OMISSIONE.

La sentenza
I giudici DELLA CORTE DI CASSAZIONE hanno ordinato quanto segue:
a) l’impugnazione, della cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36-bis per controllo formale,  e’ possibile in quanto emessa dall’Ufficio su dati dichiarati dal contribuente in dichiarazione, avendo natura di dichiarazione di scienza, è ritrattabile in seguito all’acquisizione di nuovi fatti  di conoscenza e di valutazione (Cassazione, 9872/2011);

b) Che a seguito di omissione nella dichiarazione IRAP presentata, IL TRIBUTO PUR  DOVUTO  può essere contestato dal contribuente anche in sede di impugnazione, nonostante lo spirare del termine  ex articolo 2, comma 8, del Dpr 322/98 (ISTANZA DI RIMBORSO ENTRO 48 mesi dal versamento)  a condizione che lo stesso contribuente non abbia effettuato il versamento dell’imposta dovuta e lasciando quindi prescrivere il termine di decadenza per il rimborso.

Ciò perchè le dichiarazioni dei redditi sono emendabili anche in sede processuale se, dall’omissione del contribuente, derivi un tributo più alto di quello dovuto per legge, in violazione del principio della capacità contributiva ,  articolo 53 della Costituzione (Cassazione, 4049/2015). Nella fattispecie esaminata dell’avvocato che non ha versato l’irap per poi chiederne il rimborso, quindi, la Corte ha riconosciuto all’avvocato di difendere, in sede processuale, il proprio errore compilativo e L’IRAP CHE IN EFFETTI DOVEVA ESSERE PAGATA E POI RIMBORSATA IN TAL CASO NON ESSENDO STATA VERSATA IN SEDE DI DICHIARAZIONE SI COMPENSA IN AUTONOMIA.

Proroga 770/2017 al 2 ottobre 2017. (Richiesta inviata al MEF)… Ma occorre anche la proroga dello spesometro semestrale…

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A TUTTA PROROGA … PER EVITARE ERRORI… 770 E SPESOMETRO SEMESTRALE I PRIMI A DOVER ESSERE SPOSTATI A SETTEMBRE…

Proroga modello 770/2017 dal 31 luglio 2017 al 2 ottobre 2017 (in quanto il 30 settembre cade di sabato): Quando parte la richiesta del nostro ordine CNDCEC è quasi certa la concessione di una proroga. E’ il caso del Presidente dell’Ordine Massimo Miani che ha inviato al MEF LA RICHIESTA UFFICIALE DI PROROGA DEL 770 2017 AL 30 SETTEMBRE 2017.

La richiesta di proroga del modello 770 2017 SI E’ RESA NECESSARIA per far fronte a un calendario di scadenza che quest’anno si è arricchito ….. dello spesometro semestrale e della comunicazione IVA TRIMESTRALE (oltretutto ENTRAMBI DOVRANNO ESSERE INVIATI ATTRAVERSO IL CANALE SID E NON ENTRATEL).

Il modello 770, si deve dire che è anche una duplicazione di adempimenti e da molte parti arriva la richiesta di abolizione visto che sostanzialmente si duplica l’invio dei dati già spediti con la certificazione unica il 9 marzo. Qual’è l’utilità di trasmettere all’Agenzia delle Entrate un duplicato di dati già noti ? Lo potrete chiedere alle case software … ! Potrebbero non rispondere..

La proroga del 770 2017 non è però l’unica richiesta che il CNDCEC ha presentato con una missiva indirizzata al Ministero dell’Economia e delle Finanze: si chiede di rivedere “globalmente” il variegato e immane calendario delle scadenze fiscali previste nel periodo da luglio a settembre. Tra queste richieste quest’anno si annovera anche l’invio del primo spesometro semestrale, che andrebbe inviato il 31 agosto 2017 ……..

Dietro l’istanza di Proroga del modello 770/2017, i commercialisti hanno richiesto al MEF UNA RIMODULAZIONE DELLE SCADENZE IN TOTO E PROPOSTO UN NUOVO CALENDARIO:

Adempimento Scadenza
Versamento imposte senza maggiorazione 0,40% 30 luglio 2017 (UGUALE)
Comunicazioni liquidazioni IVA II trimestre 2017 18 settembre 2017 (INVECE DEL 31 AGOSTO)
Elenchi Intrastat mese di agosto 2017 25 settembre 2017
Modello 770/2017 30 settembre 2017 30 SETTEMBRE (INVECE DEL 31 LUGLIO)
Comunicazioni Voluntary Disclosure 30 settembre 2017
Invio telematico dichiarazione dei redditi e Irap 15 ottobre 2017 (INVECE DEL 30 SETTEMBRE)
Spesometro I semestre 2017 31 ottobre 2017

Si tratta quindi di una richiesta DI RIMODULAZIONE INTEGRALE E PROROGA DELLE SCADENZE che ha due scopi:

– sotto l’aspetto giuridico RISPETTARE quanto previsto dall’art. 3 dello Statuto del Contribuente in materia di scadenze fiscali;
– sotto l’aspetto meramente operativo consentire a professionisti e imprese di gestire in modo più efficiente i prossimi adempimenti.

Se non si ottenesse la proroga, ma stiamo certi che si otterrà, ci sarebbe l’ingorgo fiscale tra modello 770/2017 e spesometro primo semestre 2017

Lo spesometro semestrale, infatti, COME ABBIAMO DETTO, dovrà essere inviato attraverso il canale fatture e corrispettivi dell’Agenzia delle Entrate, e non tramite il classico Entratel Desktop Telematico (così come era già avvenuto nel caso delle comunicazioni delle liquidazioni IVA relative al primo trimestre dell’anno). Questo tipo di invio dello spesometro, essendo al debutto,comporterà rallentamenti e necessità di adeguamento tecnico, ragion per cui imprese e professionisti hanno necessità di gestire tutto con maggiore serenità, SOPRATTUTTO PER EVITARE ERRORI A CARICO DEI CONTRIBUENTI…. PER I COMMERCIALISTI INVECE CHE VORREBBERO UN PO’ DI VACANZE NON SONO PREVISTI SCONTI.

Garante Privacy: come tutelare i dati giudiziari dei lavoratori dipendenti

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Pubblicata la Newsletter del Garante n. 429 in data 3 luglio 2017 inerente il trattamento di dati giudiziari dei dipendenti in una società.

Niente trattamento senza base giuridica: lo ha chiarito definitivamente il Garante per la protezione dei dati personali ha rigettato l’istanza di una società che chiedeva di essere autorizzata ad espletare un trattamento di dati giudiziari dei propri dipendenti non previsto da una adeguata base giuridica.

Il caso riguarda una società, che gestisce ed eroga servizi per la clientela pubblica e privata che fine di ottemperare ad una richiesta contrattuale, intendeva raccogliere e utilizzare le informazioni presenti nel casellario giudiziale fornito dai propri dipendenti e comunicarle a una società appaltante.

Il trattamento dei dati giudiziari sarebbe stato finalizzato a consentire alla stessa appaltante di poter esprimere il proprio gradimento nei confronti dei dipendenti impiegati (inquadrati come manovali e pulitori) nell’espletamento dei servizi a bordo dei treni.

Con Autorizzazione n. 7/2016 il Garante ha autorizzato i datori di lavoro al trattamento dei dati giudiziari, qualora questo sia “indispensabile per […] adempiere o esigere l’adempimento di specifici obblighi o eseguire specifici compiti previsti da leggi, dalla normativa dell’Unione europea, da regolamenti o da contratti collettivi, anche aziendali, e ai soli fini della gestione del rapporto di lavoro” e, dato che la società non ha indicato una base giuridica (legislativa, regolamentare o contrattuale) adeguata a legittimare il trattamento, da parte della società appaltante, dei dati giudiziari alla stregua di quanto previsto dalla citata Autorizzazione, non sussistono i presupposti per l’adozione di una autorizzazione specifica al trattamento dei dati giudiziari nei termini prospettati nella richiesta formulata dalla società

Inoltre, la stessa società non ha indicato una idonea base giuridica in relazione alla prospettata comunicazione dei dati giudiziari alla società appaltante, e non ha fornito sufficienti elementi istruttori al fine di poter effettuare una compiuta valutazione del caso.

Fondo Latte: aiuti per 25 milioni di euro e boom di domande

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Ancora agevolazioni al mondo dell’Agricoltura, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha reso noto che sono state presentate ben 5667 domande ad Ismea dagli allevatori che vogliono accedere ai contributi previsti dal Fondo Latte, i quali che risultano essere in regola con i pagamenti dei prelievi sulle eccedenze di produzione lattiera. A queste imprese agricole verrà distribuito integralmente l’ammontare di risorse economiche stanziate pari a 25 milioni di euro.

Il Ministro Maurizio Martina ha commentato in merito di essere molto soddisfatto per l’utilizzo al 100% dei fondi “che abbiamo stanziato per contribuire a tutelare il reddito degli allevatori davanti a una fase di crisi come quella dello scorso anno. Le semplificazioni introdotte nell’accesso al Fondo latte hanno consentito a oltre 5600 aziende di accedere ai 25 milioni di euro messi a disposizione” – ha continuato ad argomentare Martina – ”Uno strumento che fa parte della nostra strategia a favore della zootecnia con interventi coordinati come il taglio delle tasse, l’aumento delle compensazioni IVA, la sperimentazione dell’origine in etichetta per i prodotti lattiero caseari. I segnali positivi sul fronte del prezzo del latte ci dicono che la strada intrapresa è giusta, ma dobbiamo proseguire ancora per rilanciare un settore cruciale per l’economia di tanti nostri territori“.

Si tratta di una misura agevolativa e di semplificazione: gli allevatori che hanno presentato domanda potranno beneficiare di un contributo per gli importi degli oneri passivi pagati su mutui agrari. Si tratta di una novità essenziale ed assolutamente rilevante che consente di “sburocratizzare” l’iter e permette di andare incontro alle esigenze delle aziende, anche del comparto suinicolo.

Ma in che cosa consistono le misure agevolative?

Si tratta di contributi che possono essere richiesti dalle imprese sui finanziamenti bancari rivolti a realizzare:

  1. investimenti finanziati con prestiti a medio e lungo termine a valere sul Fondo Credito;
  2. consolidamento di passività a breve della stessa banca;
  3. consolidamento di passività a breve di banche diverse rispetto alla banca finanziatrice;
  4. pagamento dei debiti commerciali a breve.

 

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