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Invio ritardato della dichiarazione dei redditi. Intermediario sanzionato.

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SANZIONI RIDOTTE ALL’INTEMEDIARIO – CHE INVIA IN RITARDO PIU’ DICHIARAZIONI DEI REDDITI – SOLO SE SONO CONTENUTE IN UN UNICO FILE.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 23123 dell’11-10-2013, è stata chiamata a pronunciarsi sull’applicazione delle «sanzioni amministrative e tributarie», previste a carico «dell’ intermediario » che omette di inviare le dichiarazione dei redditi nei termini ordinari o ne effettua un invio in ritardo.

I giudici della legittimità hanno stabilito che per il tardivo invio delle dichiarazioni dei redditi per responsabilità dell’ intermediario, si potranno applicare le sanzioni ridotte mediante “cumulo giuridico” solo quando la violazione riguardi più dichiarazioni contenute nel medesimo file, ma non quando il ritardo attiene a più dichiarazioni contenute in diversi files.

In ossequio all’art. 7bis del Dlgs 241-1997, nel caso di tardiva  o omessa trasmissione di più  dichiarazioni da parte dell’intermediario, LA SANZIONE AMMINISTRATIVA ad essi comminata oscilla da euro 516 ad euro 5.164.

La violazione che prevede la SANZIONE, a norma dell’art. 7-bis, è da intendersi riferita alla tardiva od omessa trasmissione di ciascuna dichiarazione e non al file con cui sono trasmesse più dichiarazioni.

Nel caso in cui vengano inviati diversi files in ritardo ed in date diverse, si applicheranno tante sanzioni quanti sono i file, a ciascuna delle quali LA SANZIONE VERRA’ CALCOLATA applicando il cumulo giuridico, di cui all’articolo 8 della legge 689/1981, delle sanzioni riferibili alle dichiarazioni in questi contenute.

La decisione
I giudici della Cassazione hanno respinto le doglianze della società intermediaria, che chiedeva l’applicazione del cumulo giuridico (di cui all’articolo 12 del Dlgs 472/1997) in quanto le violazioni in commento non sono collegate al versamento di tributi.

In conseguenza di tale assunto, la Corte Suprema ha confermato l’applicazione della disciplina prevista per le sanzioni amministrative (di cui all’art. 8, della L. n. 689/1981) ed ha comminato tante sanzioni per ogni violazione commessa (cumulo materiale), atteso che il richiamato all’articolo 8, ammette il cumulo giuridico nei soli casi di concorso formale.

Secondo i giudici non è legittimo invocare l’applicazione per analogia, della normativa dettata dall’art. 81 del codice penale in tema di continuazione tra reati; “sia perché il citato art. 8 della legge 689/81″  prevede espressamente tale possibilità soltanto per le violazioni in materia di previdenza ed assistenza”, e sia perchè tale norma ha il chiaro scopo di non estendere la disciplina del cumulo giuridico ad altri illeciti amministrativi.

“La differenza morfologica tra illecito penale ed illecito amministrativo non PERMETTE, attraverso un procedimento di integrazione analogica, CHE LE SANZIONI PIU’ FAVOREVOLI previste in materia penale vengano tout court estese alla materia degli illeciti amministrativi” (Cfr. Cass. Sentenze nn. 5204/2007, 12974/2008, 12844/2008 e 20222/2011).

Le conclusioni sono BEN FONDATE:  “per aversi reato continuato, o dicasi istituto della continuazione,   bisogna  che vi sia un “medesimo disegno criminoso”; occorre che l’intermediario abbia, prima dell’inizio dell’esecuzione del primo reato, programmato con sufficiente precisione i successivi reati (uguali o diversi).

Ciò premesso, continuano gli ermellini, l’ufficio ha correttamente applicato tante sanzioni per quanti erano i file, ed altrettanto correttamente, ha tenuto conto del cumulo giuridico delle sanzioni riferibili alle dichiarazioni.

In definitiva nel privilegiare un’interpretazione delle norme di tipo sistematico, la Cassazione ha ritenuto che l’intermediario non potesse beneficiare del cumulo giuridico PER TUTTE LE DICHIARAZIONI OMESSE, circa 70, in quanto il concorso sia formale che  materiale (di cui all’ art. 12)  fa espresso riferimento ai tributi.

Dall’altra parte l’art. 8 della legge 689/1981 ammette il cumulo giuridico nei soli casi di concorso formale o di reato continuato.

PER SPIEGARCI MEGLIO:

CASO 1. Nel caso in cui l’intermediario omette di inviare 70 dichiarazioni dei redditi (com’è il caso analizzato dalla Cassazione) contenute in unico file non spedito, LA SANZIONE E’ RIDOTTA (IN OSSEQUIO AL PRINCIPIO DEL CUMULO GIURIDICO) CON L’APPLICAZIONE DELLA SANZIONE MASSIMA PER LA SINGOLA DICHIARAZIONE OMESSA O TARDIVA.

CASO 2. Nel caso in cui l’intermediario omette di inviare 10 dichiarazioni dei redditi CONTENUTE IN 10 FILES DIVERSI, la sanzione sarà comminata tante volte per quante dichiarazioni sono state omesse.

Cumulo giuridico.

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IL CONCETTO APPLICATO DI CUMULO GIURIDICO.

Si definisce cumulo giuridico il regime sanzionatorio  previsto alle fattispecie del concorso formale di reati e del reato continuato.

Tale principio è contrapposto al trattamento sanzionatorio previsto nelle fattispecie  di concorso materiale IN REATI per effetto del quale vengono applicate tante pene per quanti sono i reati commessiPer effetto del cumulo giuridico, invece, INDIPENDENTEMENTE  dal numero di reati o violazioni commesse la sanzione penale o amministrativa è unica ed è pari alla alla violazione più grave aumentata sino al triplo.

E’ previsto, peraltro, un limite massimo all’incremento di tale triplo rispetto alla pena  base che è quello della somma delle pene applicabili con riferimento a tutti i reati commessi.

Rimborso dei contributi malattia ai datori di lavoro.

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Rimborso dei contributi malattia ai datori di lavoro che hanno anticipato ai propri lavoratori l’ INDENNITA’  MALATTIA, per conto dell’INPS, nel periodo ante 1° MAGGIO 2011.

L’INPS con il messaggio n.17197 del 25-10-2013 ha fornito chiarimenti in merito al rimborso dei contributi malattia da erogare ai datori lavoro per gli emolumenti a titolo di indennità di malattia erogati ai propri dipendenti e versati  precedentemente al 1° maggio 2011, per conto dell’INPS.

I datori di lavoro dovranno produrre domanda telematica all’ INPS, DI RIMBORSO DEI CONTRIBUTI MALATTIA  allegando:

  • il contratto di lavoro VIGENTE che prevedeva la corresponsione ai dipendenti dell’indennità di malattia per conto dell’INPS.
  • l’analitico delle erogazioni corrisposte mensilmente ai lavoratori a titolo di CONTRIBUTI MALATTIA con indicazione  del periodo cui si riferiscono.

Domanda e allegati dovranno essere inviati attraverso il cassetto previdenziale dal portale dell’INPS, utilizzando l’apposita sezione «Rimborsi/compensazioni».

Non ha diritto al rimborso dei contributi malattia il datore di lavoro, che prima dell’entrata in vigore dell’art. 20, comma 1, del DL n. 112/2008, sia stato condannato  in relazione ai suddetti versamenti di contribuzione malattia con sentenza passata in giudicato.

Il rimborso dei contributi malattia sono dovuti entro il termine decennale di prescrizione ai sensi dell’art. 2946 del Codice Civile.

Modifiche cuneo fiscale: più soldi a chi percepisce meno.

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MODIFICHE ALLA LEGGE DI STABILITA’  PER LA RIDUZIONE DEL CUNEO FISCALE.

MOLTO PROBABILMENTE CI SARANNO MENO AVENTI DIRITTO,  MA PIU’  SOLDI PER COLORO CHE PERCEPISCONO REDDITI AL DI SOTTO DI 25-35.000 EURO, RISPETTO A CIO’ CHE ERA PREVISTO PER IL CUNEO FISCALE, NELLA PRIMA STESURA DEL DDL STABILITA’ 2014.

Lo scopo è quello (genuino) di aumentare la RIDUZIONE DEL CUNEO FISCALE dai pochi 106 euro annui previsti a lavoratore.

Questo per i redditi più bassi, ossia per i lavoratori che percepiscono redditi inferiori a 25 35.000 euro, e non dare benefici a coloro che hanno un reddito maggiore, pari a 55.000 euro, come era stato previsto nella prima stesura, quale limite massimo per ricevere lo sgravio AL CUNEO FISCALE.

Le principali aree di miglioramento della legge di stabilità 2013 dovrebbero riguardare quini il cuneo fiscale, gli immobili, e i dipendenti statali.

Si sta lavorando per trovare l’intesa tra gli interventi di modifica che chiede il PD e quelli che chiede il PDL, fermo restando la necessità di OPERARE MODIFICHE A SALDI INVARIATI.

Si sta pensando anche di inserire benefici alle famiglie numerose e in difficoltà di reddito familiare.

Spesometro: scadenze in proroga.

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Il Ministro dell’Economia e delle Finanze sta ricevendo varie richieste di proroga dello spesometro 2013.

La nostra domanda è

NON SAREBBE MEGLIO INVIARE LA STAMPA INTEGRALE DI TUTTI I REGISTRI IVA INVECE CHE STRALCIARE PARTI DELLE OPERAZIONI? ELIMINANDO A TAL PUNTO L’OBBLIGO DELLE STAMPE FISCALI?”.

Gli ordini territoriali si stanno mobilitando con una raccolta firme, per produrre istanza di “proroga dello spesometro 2013” – con la rimodulazione di nuovo termini – da inoltrare sia al Ministro dell’Economia che al Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Ricordiamo che entro il 12 novembre per i contribuenti mensili ed entro il 21 novembre 2013 per quelli trimestrali è prevista la spedizione dei dati relativi all’anno 2012.

Secondo gli ordini professionali i termini per l’invio “dello spesometro 2013” sarebbero contro lo Statuto del Contribuente in quanto le scadenze sono state fissate prima dei 60 giorni dall’emanazione del decreto attuativo.

Anche L’ UNAGRACO, «l’unione nazionale dei commercialisti ed esperti contabili» ha chiesto al Ministro dell’economia la stessa “proroga dello spesometro 2013”. Nella richiesta si fa presente che il software ed il modulo di controllo dello spesometro 2013 occorrente per la spedizione, è stato pubblicato solo alcuni giorni fa, ossia venerdì 25/10/2013 e ciò comporta la necessità di prorogare le scadenze del 12 novembre 2013 per i contribuenti mensili e del 21 novembre 2013 per tutti gli altri obbligati soggetti IVA.

Si ricorda ancora che la proroga dello spesometro 2013, è necessaria non solo per l’aggiornamento del software, ma per migliorare la qualità delle comunicazioni e l’immane lavoro di fioretto a cui sono tenuti gli operatori.

Una operazione si deve mandare per l’altra si è esentati, le operazioni con pagamenti POS non sono obbligati e via dicendo, ma ci chiediamo:

NON SAREBBE MEGLIO INVIARE LA STAMPA INTEGRALE DI TUTTI I REGISTRI IVA”.

I CONSULENTI FAREBBERO MOLTO PRIMA E SENZA ERRORI, ELIMINANDO CONTESTUALMENTE L’OBBLIGO DELLE STAMPE FISCALI.

NORMATIVA: ART. 21 DL 78 2010.

Infortunio sul lavoro: responsabilità solo per rischi conosciuti e prevedibili.

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Il datore di lavoro è responsabile dell’infortunio del lavoratore solo quando sul luogo di lavoro esistono rischi specifici. Cass. 39491-2013.

Non è responsabile l’impresa per l’infortunio occorso al lavoratore, se causato da un rischio esistente ma non specifico e non conoscibile oltre che occulto nell’ambito della normale attività svolta dall’ impresa.

I giudici della legittimità hanno anche indicato quali sono i rischi specifici per cui l’ infortunio sul lavoro sarebbe dovuto a responsabilità o omissioni sulle norme di sicurezza, da parte del datore di lavoro.

I rischi specifici ─ secondo la Cassazione ─ son quelli per i quali è necessaria una competenza tecnica, ed il datore di lavoro ha l’obbligo di  mettere in atto tutte le buone norme sulla sicurezza, anche non obbligatorie per legge,  inerenti le attività per le quali è incaricato il lavoratore, al fine di evitare un possibile infortunio sul lavoro.

LA FATTISPECIE.

La fattispecie processuale attiene ad una impresa appaltatrice della raccolta dei rifiuti solidi urbani – da effettuare sull’area di mercato scoperto comunale – dove il dipendente era incarico di lavorare nei pressi di una cancellata in ferro senza il fermo di fine corsa. Con tale difetto, l’operaio mentre spingeva una delle due ante a scorrimento, per svolgere il recupero dei rifiuti, quest’ultima fuoriuscendo dal binario di scorrimento, gli è caduta addosso con tutto il peso, provocandogli infortunio grave e lesioni alla colonna vertebrale.

La Cassazione ha chiaramente escluso la responsabilità del datore di lavoro, in quanto l’attività di controllo di sicurezza del lavoro, non riguarda anche rischi non conoscibili ed occulti che potrebbe causare infortuni non prevedibili.

Riscossione: Dichiarazione falsa per sospensione ruoli. Codice tributo sanzione penale.

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La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 72/E  ha istituito il codice tributo per il pagamento della sanzione dovuta a seguito di dichiarazione fraudolenta al concessionario per sospensione della riscossione.

Istituito il codice tributo per il versamento – tramite il modello F24 accise –  delle somme dovute a titolo di sanzione da parte dei debitori che hanno presentato falsa dichiarazione e documenti falsi al fine di sospensione dei ruoli instradati alla riscossione coattiva, indicati dallo stesso contribuente e a lui intestati.

La sanzione va versata con il modello F24 Sezione Accise/Monopoli e altri versamenti non ammessi in compensazione con il codice tributo «5347».

La misura della sanzione, che in effetti è una multa, in quanto trattasi di violazione rilevante penalmente, va dal 100% al 200% del debito tributario, con un minimo di 258 euro.

E’ il caso di chi ricevendo l’iscrizione a ruolo con cartella esattoriale emessa da equitalia, presenta una documentazione falsa che attesta la non debenza dell’importo iscritto a ruolo a suo carico, chiedendone quindi la sospensione della riscossione.

La sanzione o multa dovrà essere pagata con il codice tributo suddetto, in base a quanto comunicato dal concessionario o dall’ente impositore. Ferma restando la segnalazione di REATO al tribunale che avrà percorso separato a carico del dichiarante.

Il reato penale ovviamente sarà stabilito dal Tribunale.

Sequestro conservativo e confisca per reati tributari.

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E’ giusto il sequestro conservativo e la confisca per equivalente quando il reato tributario ha creato “profitto”alla persona che l’ha commesso.

La Sentenza n. 6309 dell’ 8 febbraio 2013, emessa dalla Corte di Cassazione, ha rigettato il ricorso del reo contribuente, ed ha confermato l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, che considera il reato tributario prodromico al sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, NON SOLO PER IL PREZZO MA ANCHE PER IL PROFITTO CHE SCATURISCE DAL REATO.

In ossequio all’art. 322-ter del CODICE PENALE, modificato dall’art. 1 co. 143 della Legge 244/2007 che ha allargato LA CONFISCA PER EQUIVALENTE ANCHE AI REATI TRIBUTARI.

il profitto del reato è costituito dal vantaggio economico fruito con immediatezza dal contribuente ed è cosa diversa dal prezzo del reato.

Il Prodotto del reato o profitto è il risultato presumibile dell’illecito tributario, cioè le cose create, trasformate, adulterate o acquisite attraverso la commissione del reato; il prezzo del reato è invece il compenso erogato ad un terzo quale corrispettivo dell’esecuzione dell’illecito” – sez. Unite Cass. 1811/1993.

Il “prezzo del reato” è stato poi ulteriormente definito come ELEMENTO che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l’interessato a commettere il reato ( sez. Unite Cass pronuncia 9149/1996).

La Corte suprema ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

I giudici togati hanno ritenuto di non doversi discostare dalla giurisprudenza  consolidata che ha ritenuto applicabile ai reati tributari il sequestro preventivo allo scopo di confisca per equivalente, non soltanto in relazione al prezzo ma anche al profitto del reato.

Nelle fattispecie criminose tributarie, la giurisprudenza ha individuato il profitto del reato come qualsiasi vantaggio patrimoniale derivante dall’imposta evasa, concretizzandosi sostanzialmente “in un risparmio economico da cui consegue, comunque, la effettiva sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, dei quali direttamente beneficia l’autore” (cfr Cassazione, sentenze 1199 e 1843 del 2012, nelle quali è stato ribadito che il profitto può consistere non solo in un positivo incremento del patrimonio personale, bensì in qualunque vantaggio patrimoniale direttamente derivante dal reato, anche se consistente in un risparmio di spesa).

Di conseguenza, è stato senz’altro ritenuto applicabile alla fattispecie il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di un profitto, nel caso specifico, di indubbia sussistenza.

COMMENTO:

Nella buona sostanza, il legislatore ha previsto il caso di CONFISCA PER EQUIVALENTE, non solo in riguardo all’importo sottratto fraudolentemente all’ERARIO, ma anche del PROFITTO che tale atto ha portato in favore di colui che ha commesso il reato.

Incentivi assunzioni lavoratori in mobilità bloccati dal 2013.

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Con la circolare n. 150 del 25/10/2013 L’INPS ha fornito chiarimenti in merito agli incentivi previsti per  le assunzioni di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità ai sensi dell’articolo 4, co. 1 DL n. 148/93, convert. con modificaz. dalla L.  n. 236/93 e successive modifiche ed integrazioni, riguardanti la cd. PICCOLA MOBILITA’.

Si ricorda che dall’anno 2013 NON SONO PREVISTI GLI INCENTIVI PER LA RIASSUNZIONE DI LAVORATORI IN MOBILITA’, licenziati per giustificato motivo oggettivo, in quanto non potranno iscriversi alle liste di MOBILITA’.

QUINDI NON SARA’ POSSIBILE RICONOSCERE GLI INCENTIVI PER ASSUNZIONI AVVENUTE NEL 2013, PER SOGGETTI LICENZIATI NEL 2013 PER GIUSTIFICATI MOTIVI OGGETTI.

RESTA QUINDI L’INCENTIVO PER I LAVORATORI INVECE CHE PER IL 2013, POTRANNO ISCRIVERSI ALLE LISTE DI MOBILITA’  ANCHE SE LICENZIATI MA NON PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO.

A ribadirlo è il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che sciogliendo la riserva ha comunicato:

  • che non sarà permesso riconoscere gli incentivi per le assunzioni avvenute nel 2013, di lavoratori licenziati prima del 2013;
  • che non sarà possibile riconoscere il bonus per proroghe o trasformazioni a tempo indeterminato del contratto di lavoro, effettuate nell’anno 2013, di rapporti agevolati instaurati prima del 2013.

IN EFFETTI GLI INCENTIVI ASSUNZIONI POTEVANO ESSERE FRUITI FINO AL 31-12-2012 PER I LAVORATORI CHE AVEVANO DIRITTO, FINO A QUELLA DATA, ALL’ISCRIZIONE ALLE LISTE DI MOBILITA’ ANCHE CON LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO.

RESTA PER QUESTA PARTICOLARE TIPOLOGIA DI LAVORATORI LICENZIATI, SOLO L’INCENTIVO PER LA RIASSUNZIONE previsto dal decreto direttoriale del Ministero del Lavoro N. 264/2013 del 19 aprile 2013 come modificato dal decreto direttoriale 390/2013 del 3 giugno 2013 del bonus di 190 euro.

Immobili merce esenti da imu dal 2014.

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Con la conversione in legge del DL 102/2013 è stata prevista (giustamente) l’esenzione dall’IMU, per quegli immobili merce destinati alla rivendita, o immobili merce.

Decorre dal 1° gennaio 2014 l’eliminazione dall’ IMU per gli immobili merce di proprietà di costruttori .

Quindi per il 2013:

– l’IMU è ancora dovuta sugli immobili merce sia per il primo semestre 2013, con acconto da pagare al 17 di giugno 2013, sia per il saldo 2013 da versare entro il 16 dicembre 2013.

Ma dal 2014 le imprese costruttrici, giustamente, non dovranno pagare l’IMU sugli immobili merce, ossia quelli costruiti a scopo di vendita.

Il DL 102/2013, ha disposto anche, dal 2014, l’equiparazione alla prima casa, degli immobili delle cooperative edilizie a proprietà indivisa assegnati ai soci quale abitazione principale.

Sembra ritornare anche l’esenzione già prevista per l’ICI, per gli immobili non di lusso concessi in uso gratuito ai figli.

Ma ciò dipenderà dai Comuni in cui l’immobile è ubicato e potrà quindi riguardare anche l’esenzione per il saldo del 16 dicembre; ovviamente a condizione che i Comuni si attivino subito in tal senso.

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