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Istituiti i codici tributo per il credito d’imposta incentivi auto 2013-2014.

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Con la risoluzione n. 32E  del 15 maggio 2013 l’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo per l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta incentivi veicoli verdi di cui all’art. 17-decies co.1 lett. a) c) e) del D.L. n. 83 del 22-6-2012 convertito con modif. nella Legge n. 134 del 7-8-2012, quale contributo per l’acquisto di veicoli a bassa emissione di anidride carbonica co2.

La norma suddetta ha previsto un contributo per coloro che acquistano veicoli verdi.

Per fruire dell’incentivo occorre:

  • Che l’acquisto del veicolo sia effettuato in Italia anche in leasing;
  • Negli anni 2013 o nel 2014;
  • Sia nuovo di fabbrica;
  • Sia a bassa emissione di C02;
  • Contestualmente l’acquirente rottami un veicolo di cui sia proprietario da almeno 1 anno.

L’incentivo è pari:

  • al 20 per cento del prezzo di acquisto fino ad un massimo di 5.000 euro, per i veicoli a basse emissioni di c02 non superiori a 50 g/km;
  • al 20 per cento del prezzo di acquisto fino ad un massimo di 4.000 euro, per i veicoli a basse emissioni di c02 non superiori a 95 g/km;
  • al 20 per cento del prezzo di acquisto fino ad un massimo di 2.000 euro, per i veicoli a basse emissioni di CO2 non superiori a 120 g/km”.

L’acquirente riceverà l’incentivo direttamente dal venditore,  quale decurtazione del prezzo del veicolo acquistato, mentre il venditore sarà rimborsato dell’importo corrispondente dalla casa costruttrice o d’importazione.

Le aziende costruttrici o importatrici, successivamente, utilizzeranno in compensazione orizzontale – quale credito d’imposta incentivo veicoli verdi – l’importo del contributo mediante i seguenti codici tributo:

– 6832 Credito d’imposta incentivi auto – contributo del 20 per cento del prezzo di acquisto, fino ad un massimo di 5.000 euro, per i veicoli a basse  emissioni di co2 non superiori a a 50 g/km;

– 6838 Credito d’imposta incentivi auto – contributo del 20 per cento del prezzo di acquisto, fino ad un massimo di 4.000 euro, per i veicoli a basse  emissioni di co2 non superiori a a 95 g/km;

– 6839 Credito d’imposta incentivi auto – contributo del 20 per cento del prezzo di acquisto, fino ad un massimo di 2.000 euro, per i veicoli a basse emissioni di co2 non superiori a a 120 g/km;

Con successiva risoluzione saranno isituiti i codici tributo per l’incentivo relativo agli acquisti di veicoli nell’anno 2015.

Il credito d’imposta quindi dovrà essere utilizzato esclusivamente dal produttore o importatore.

La pensione degli altri per il governo Letta

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Il piano degli interventi che il Governo Letta sta studiando in materia pensionistica,  riguarda 1) la salvaguardia degli esodati 2) lo studio di forme di incentivi per le aziende che trattengono gli anziani prossimi alla pensione 3) lo scoraggiamento di coloro che intendono anticipare l’andata in pensione mediante penalizzazioni.

Capitolo Esodati.

Sulla questione esodati il governo pensa di poter chiudere la faccenda anche ampliando la rete della salvaguardia ad altri gruppi ancora in affanno.

Dal fondo apposito creato per gli esodati occorrerà capire se ci sarà esuberanza dopo le  prime tre salvaguardie  dei 65mila, dei 55mila e dei 10mila  per  poter coinvolgere positivamente nella salvaguardia anche chi è stato licenziato con patti individuali e chi sta pagando la contribuzione volontaria per andare in pensione.

Anziani non lontani dal pensionamento.

Si tratta di coloro che con le nuove regole Fornero dovranno ancora lavorare prima dell’atteso pensionamento, per fornigli forme di sostegno al reddito, o di incentivare le aziende per trattenerli ancora al lavoro.

Penalizzazioni dei ritiri anticipati ai fini del pensionamento.

Con la legge in vigore dopo la Riforma già esistono due tipi di penalizzazioni per chi intende uscire prima dal lavoro ai fini del pensionamento:

– Le donne con 35 anni di contribuzione e 57 anni di età hanno la possibilità di andare in pensione con un assegno interamente calcolato con il metodo contributivo. La penalizzazione è però consistente e viene stimata prudenzialmente, in una riduzione di almeno il 30% dell’assegno di pensione che spetterebbe all’uscita naturale.

– Per entrambi i sessi la Legge Fornero ha previsto inoltre una trattenuta del 2% per ogni anno anticipato di uscita dal lavoro, sulla parte retributiva del montante pensionistico, rispetto ai 35 anni di contributi e ai 62 anni di età.

Contro questo anticipo dall’uscita dal lavoro sembra puntare l’azione del Governo rafforzandone l’inconvenienza all’utilizzo. Ampliare i casi di penalizzazione prendendo a base il limite minimo per uscire anticipatamente dal mondo del lavoro nella considerazione che la pensione non potrà scendere al di sotto di 1 volta e mezzo l’assegno sociale.

L’intervento potrebbe riguardare il montante o i coefficienti di trasformazione con una sanzione che si incrementa in misura direttamente proporzionale  all’equivalenza attuariale.

Come ha ricordato la ragioneria generale dello Stato la riforma Fornero vale un risparmio statale di  77 miliardi fino al 2020.

fonte: ilsole24ore.com 16-5-2013

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E’ giusta bontà 77 miliardi ! Si lavorerà un pò di più… prima della pensione.

Il nostro commento non è commentabile ma potrete farvene un’idea nel titolo dell’articolo.

Giuseppe Merola – merolaconsulting@rivistafiscaleweb.it

Imu e Cig «Non sarà un decreto da miracoli»

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Imu e Cig: oggi il decreto per la sospensione imu e il rifinanziamento CIG.

Arriva all’esecutivo il decreto di sospensioine dell’Imu sulla prima casa, resteranno esclusi gli immobili di lusso quali ville, castelli e case signorili. Per i capannoni industriali niente sospensione. Il Premier ha dichiarato che non sarà “il decreto dei miracoli”,  ma solo il modo per avere più tempo per mettere in atto una riforma complessiva dell’imposizione entro il 31 agosto 2013. D’altronde ci sono pochi spazi di manovra tra risorse non certe e vincolo del deficit al 3%.
Solo dopo il 29 maggio 2013,  in occasione del Consiglio Europeo, quando si dovrebbe chiudere la procedura di infrazione di deficit eccessivo verso l’Italia si potrà ragionare con più tranquillità sul da farsi.
Imu sospesa la rata di giugno.
Il decreto che oggi con ogni probabilità sarà varato dal Consiglio dei Ministri prevede la sospensione della prima rata di giugno sull’imu sulla prima casa , forse anche per gli immobli agricoli, mentre come detto non si prevede che il decreto riduca  l’IMU a carico delle imprese in possesso di capannoni industriali.

Rifinanziamento Cig solo per 800mila euro.
La Cassa integrazione sarà rifinanziata per circa 800 milioni di euro contro il milione e mezzo di euro occorrenti per il rifinanziamento totale.
Coperture: per quanto riguarda le risorse occorrenti PER IMU e CIG nessuna novità non dovrebbero servire risorse per l’Imu, in quanto i 2 miliardi di minor incasso dai parte dei comuni, dovrebbero essere coperti con fondi di tesoreria che saranno stornati ai Sindaci.
Per la Cig gli 800 milioni che occorrono (e che dovrebbero probabilmente dovrebbero aumentare) arrivano dal fondo di produttività e quello della formazione. (Stanziati per le imprese sempre più abbandonate).
Che cosa possiamo dire, il Governo Letta si è presentato con idee altisonanti ed urgenti, senza però aver ben considerato dove recuperare le risorse, con gli alleati scomodi del PDL, che tengono il Governo sotto scacco.

 

Approvato decreto IMU-CIG.

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Nel primo Consiglio dei Ministri deliberativo del Governo Letta, è stato approvato il decreto IMU-CIG per la sospensione della prima rata IMU, il rifinanziamento della CIG, la proroga del contratto dei precari, la riduzione degli stipendi di ministri e sottosegretari.

DECRETO IMU: Nel congelamento della prima rata IMU sulla prima casa e relative pertinenze, rientrano anche i fabbricati rurali, i terreni, le unità abitative delle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale dai soci assegnatari, gli immobili assegnati quali alloggi IACP.  Mentre restano fuori – come preannunciato – gli immobili di pregio quali ville, castelli ed appartamenti signorili.

IMPRESE: Nel decreto IMU c’è purtroppo solo l’attenzione per le imprese, per le quali si è previsto nella riforma complessiva dell’IMU la deducibilità fiscale dal reddito d’impresa, dell’IMU pagata sugli immobili strumentali.

UN MILIARDO DI CIG: Rifinanziata pe 1 miliardo di euro la cassa integrazione in deroga. Nella previsioni del decreto IMU CIG inizialmente si parlava di 496 milioni di euro ma durante il consiglio la cifra per la CIG è salita ad 1 miliardo coprendo quasi interamente il 2013.

CONTRATTI DEI PRECARI prorogato al 31-12-2013. I contratti dei precari della pubblica amministrazione in scadenza il 31 luglio prossimo sono stati prorogati al 31 dicembre 2013 dal decreto IMU CIG.

CONTRATTI DI SOLIDARIETA’: Nel decreto varato c’è anche la disposizione che prevede la ripartenza dei contratti di solidarietà, quale strumento idoneo per favorire imprese e lavoratori.

ELIMINAZIONE STIPENDI DEI MINISTRI, VICE MINISTRI E SOTTOSEGRETARI: Ha detto Letta “il nostro primo atto è la riduzione dei costi della politica» con il taglio degli stipendi di ministri e sottosegretari già parlamentari nel primo provvedimento decreto IMU CIG.

commento:

E’ positiva la nostra opinione sul decreto IMU CIG: con le risorse disponibili possiamo essere soddisfatti principalmente per IL RIFINANZIAMENTO DELLA CIG IN DEROGA e la proroga dei PRECARI della Pubblica Amministrazione.

Al momento non si poteva fare di più…. ma l’urgenza riguardava anche la riduzione dell’IMU sui capannoni aziendali.

Decreto IMU, niente imprese e lavoro: solo manutenzione ordinaria.

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Un’opinione sul decreto IMU varato ieri dall’esecutivo: “Provvedimento di manutenzione ordinaria in un periodo di crisi straordinaria”. Nessuna risposta concreta per “imprese e lavoro”.

Il governo nella discussione per il decreto IMU ha letteralmente sorvolato sulle imprese che chiudono e “le banche che non erogano finanziamenti”.

Ha sorvolato sulla necessità di sognare (con il linguaggio sovversivo della verità, caro a Letta)  la soluzione del problema di tutti i problemi: l’insopportabile pressione fiscale, madre di tutti i mali: EVASIONE FISCALE, DISOCCUPAZIONE, RECESSIONE,  SUPER DEBITO PUBBLICO, DISAVANZO PUBBLICO, TENUTA SOCIALE.

Per fare questo occorrono 30-35 miliardi, una volta sola…

La sterilità delle misure del decreto IMU CIG: – Spendere 2 miliardi di euro solo per sospendere l’IMU e non eliminarla è pura follia mediatica. Spendere 1 miliardo per la CIG solo per allungare l’agonia dei cassa integrati: è un mero sia pur necessario paliativo.

Ma in attesa di che? Chi li assumerà dopo la cassa integrazione?

Possibile che nessun ministro, prima del Consiglio che ha approvato il decreto IMU,  ha dato un’occhiata al contatore della crisi – sul sito del sole 24 ore – che pubblica quante aziende falliscono ogni giorno:

Le imprese fallite dall’inizio dell’anno (dato di ieri) sono 5.757 a cui bisogna aggiungere quelle che chiudono autonomamente.  Ma quanti posti di lavoro si saranno persi ? “50-70-100mila” …. Ebbene quelle imprese che hanno chiuso battenti molto probabilmente non riapriranno più e i 100mila neo-disoccupati, dovranno aspettare che altrettante aziende apriranno una nuova attività di impresa: «è una questione di matematica caro Premier Letta ALTRO CHE DECRETO IMU»

Varie volte ci siamo accodati alle esortazioni del Governatore Mario Draghi che ha chiesto a più riprese agli istituti di credito italiani di aumentare i volumi dei prestiti alle imprese, perchè la liquidità e la circolazione del denaro creano un circolo virtuoso verso la produttività.

Ma parliamo della disoccupazione. Ci sono molti lavoratori che da poco sono diventati neo disoccupati, e molti giovani disoccupati che sono in cerca ancora della prima occupazione: ebbene come si può pensare di creare nuova occupazione senza tamponare l’emorragia finanziaria delle micro-imprese – che chiudono al ritmo di 50-60 al giorno – , con la diminuzione delle aziende attive? Chi li assumerà l’anno prossimo ? Faremo un altro decreto IMU, per risospenderla, e un altro decreto CIG per rifinanziare coloro che stanno a casa ad aspettare un posto di lavoro.

Più volte abbiamo scritto come sia necessario favorire la libera iniziativa imprenditoriale tramite il supporto del Fondo di garanzia del Medio Credito Centrale.

Attualmente promuovere le libere attività in proprio è l’unico modo per togliere dalla strada questi ragazzi, 30enni, laureati, bravi e che vengono derubati della loro dignità. L’unico modo che hanno per avere un lavoro che possa garantirgli un futuro non precario.

Ma di cosa il governo non ha discusso durante l’approvazione del decreto imu,  e su cui ha sorvolato:

– Delle PMI che chiudono e delle Banche che non fanno credito;

– Della necessarietà di favorire le imprese sturt up per creare nuove piccole aziende;

– Della inutilità di abbassare il cuneo fiscale al fine di aumentare l’occupazione e dell’utilità di intervenire su coloro che un lavoro ce l’hanno per favorire i consumi.

– Della necessaria riduzione della pressione fiscale: soprattutto le imposte dirette IRPEF-IRES (ciò che doveva fare Tremonti – con coraggio – nel maggio 2011)  per dare più soldi in busta ai dipendenti, in modo da garantirgli un surplus finanziario che creerà nuovi consumi.

– Della riduzione della spesa pubblica tramite il controllo sugli acquisti di beni e servizi;

– Della necessità  di dismettere il patrimonio pubblico mobiliare ed immobiliare.

Cosa che ha giá detto a suo tempo la Corte dei Conti, compresa la possibilità di fare un condono per far ripartire l’economia.

Contro una crisi straordinaria e drammatica occorrono CORAGGIO E DISCONTINUITA’, non manutenzioni ordinarie come fatto con il decreto imu cig.

Il nodo sta proprio nei consumi … e da questi bisogna ripartire. Per farlo occorrono diversi miliardi (forse 30-35) per ridurre le aliquote IRPEF – IRES, e consentire alle famiglie di poter spendere di più e creare nuova domanda interna.

Le imprese con più domanda di beni e servizi dovranno produrre di più, assumendo nuovo personale.

Per recuperare risorse occorre discontinuità e il coraggio di rischiare. Non ci sono motivi per cui non si debba parlare chiaramente e subito all’Europa. Aspettare peggiorerà le cose.

Per recuperare 30 miliardi di risorse, urgenti per la riduzione delle aliquote IRPEF non si possono fare tante ragionamenti:

– O si impone alla Commissione Europea una ritrattazione del Fiscal Compact, allargando il patto di stabilità;

– Oppure (a mali estremi , estremi rimedi) si mettono in campo condono fiscale, contributivo ed edilizio.

La chiave di volta, per ridare lustro a questo Paese, è unica e sempre la stessa:

la riduzione della pressione fiscale per la quale, come detto, occorrono almeno 30-35 miliardi.

Non sono soldi che si dovranno spendere ogni anno, il gettito ritornerà stabile quando il pagamento delle tasse sarà più sostenibile; ma con l’introduzione del reato penale di evasione fiscale e con la previsione delle manette agli evasori.

Altre possibilità non crediamo ci siano….

Il Papa contro politica, finanza e banche

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Cittá del Vaticano: anche il Papa parla della crisi, contro finanza, banche e politica.

«Non interessa se la gente muore di fame, se non ha niente. Ci si preoccupa delle banche o della finanza, se cadono gli investimenti tutti a dire che è una tragedia. Se le famiglie stanno male, non hanno da mangiare allora non fa niente… Questa è la nostra crisi». Ha detto Papa Francesco ad una folla record di 200mila fedeli delle associazioni del mondo ecclesiale.

Questo il messaggio diretto al mondo della politica, della finanza e delle banche, cioè al mondo degli interessi economici, dove la sete di potere non ha tempo di pensare a chi sta male, non ci crede. Si allarga il divario tra i molto ricchi e i molto poveri, dove il ceto medio è stato divorato perchè troppo pericoloso ai fini del mantenimento del potere. Ai politici però interessano molto i poveri, sono i piú controllabili e con un pò di assistenza si coinvolgono agevolmente ai fini del consenso.

Pressione fiscale: la sua riduzione unica soluzione

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La pressione fiscale in Italia è la causa di tutti i problemi.

La drastica riduzione della pressione fiscale è l’unico modo per risolvere il problema della recessione e della disoccupazione. Anche prima della grande crisi globale, (ricordiamo) il nostro PIL, era poco al di sopra della parità e la disoccupazione era altissima.

Letta non può più aspettare perchè ormai il nostro Paese è in ginocchio: la tensione sociale è alle stelle, e già stiamo assistendo a fenomeni molto gravi che lo dimostrano.

Per invertire il trend recessivo, il governo deve agire con fermezza e coraggio per fare due cose importanti, una urgente e l’altra strutturale:

1) L’urgenza è intervenire prontamente (a difesa delle aziende) sul credito bancario e nei “rapporti banca-impresa”, per favorire i finanziamenti attraverso la garanzia pubblica – sia ai fini di investimento che di liquidità – per evitare, in questo periodo di forte crisi, chiusure e fallimenti aziendali,  ad un ritmo impressionante (circa 50 fallimenti al giorno – fonte il sole 24 ore), attraverso gli strumenti di garanzia messi a disposizione dallo Stato a copertura del debito dell’impresa verso la banca.

2) L’azione strutturale che aspettiamo da vent’anni: Riforma delle imposizione fiscale con significativa e significativa riduzione della pressione fiscale: riduzione di imu, iva, irpef, ires, tares, bollo; a cui Letta sta già pensando con un piano da 50 miliardi.

Tutto ció che non va in questa direzione, pe ridurre la pressione fiscale,  è solo tempo perso.

Decreti, provvedimenti, misure, piccole e grandi provocheranno sono solo cachet per il mal di testa, quando non sono azioni strutturali al perseguimento di questi due obiettivi: Aumentare i volumi di credito alle imprese attraverso l’intervento dello Stato, Riduzione della pressione fiscale.

Il governo Letta pensiamo giá sia partito con il piede sbagliato sulla falsa riga del fallimentare governo Monti.

Occorrono quindi ” cure e  non palliativi”, per salvare l’Italia.

Ovviamente tutto questo se rientra nella convenienza del sistema.

Un piano operativo e coraggioso per realizzare le due grandi riforme, che sono i punti cruciali da cui sono nati tutti i mali di questo Paese.

La disoccupazione è l’effetto ….. non la causa della recessione.

La pressione fiscale insostenibile sono la  causa e non l’effetto della recessione.

Non il contrario come dice Maurizio Landini della Fiom: creare nuovi posti di lavoro per la crescita. La più grande eresia economica: “Come si creano nuovi posti di lavoro senza consumi e senza imprese?”.

Per ridurre le tasse e la pressione fiscale bisogna recuperare circa 50 miliardi; per fare questo occorre coraggio e fermezza. L’augurio è che Enrico Letta, sia capace di trovarli.

Solo una pressione fiscale sostenibile potrá creare nuova occupazione. Il surpflus finanziario a favore di famiglie e imprese favorirà l’aumento della domanda.

Non possiamo certamente diventare un popolo senza lavoro che vive dei sussidi statali a danno di chi produce e guadagna in base alle proprie capacità;  in nome di un sano capitalismo.

Ma dicevamo dei 50-60 miliardi che occorrono per la riduzione della pressione fiscale. Innanzitutto la risorsa dovrebbe occorrere una volta ed una tantum: “nel giro di alcuni anni” il gettito dovrebbe ritornare quello di oggi per tre motivi principali:

– I contribuenti con un livello di pressione fiscale sostenibile saranno invogliati a far emergere il nero derivante dall’evasione, e quindi si allargherebbe naturalmente la base imponibile;

– La lotta all’evasione fiscale che diventa reato dopo la notevole riduzione della pressione fiscale, e che dovrebbe riunirsi in “strumenti giudiziari unici” contro gli evasori, eliminando la miriade di provvedimenti emanati per una battaglia sterile e disorganica.

– Strumenti unici anti-evasione che da un lato dovranno far capire ai cittadini l’importanza di pagare un fisco giusto per il bene di tutti, e dall’altro introdurre il reato penale di evasione fiscale, con indagini seguite direttamente dalla Procura a cui verrebbero accorpati gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate anche per la lotta alla corruzione.

Per le risorse occorrenti? a mali estremi – estremi rimedi…

Condono edilizio fiscale previdenziale;

Riduzione dei costi degli Enti e Aziende Statali, licenziamento dei dipendenti pubblici non produttivi;

Allentamento del fiscal compact;

Riduzione delle spese militari;

Aprire gli interregni dell’evasione: fondazioni ed onlus;

Recuperare i fondi neri in Svizzera ed Austria.

Ebbene sì, occorre tanto coraggio e fermezza oltre a voler fare il bene del Paese, ma è l’unica soluzione.

Imu prima casa pagata in 730: Centomila dichiarazioni da rifare

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Sono circa centomila i contribuenti che hanno pagato l’IMU sulla prima casa tramite compensazione nel modello 730.

Sono tutti da rifare: è quanto ha rilevato la Consulta dei Caf.

Per le seconde case i tempi sono molto ridotti, mancano ancora i codici tributo ed inoltre sono cambiate le modalità di calcolo.

Chi non vuole perdere il credito derivante dal 730 utilizzato per pagare l’IMU sulla prima casa (sospesa venerdì) dovrà rifare il modello tramite un caf o intermediario abilitato.

Calcolo IMU immobili categoria D.

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Per il 2013 cambiano la modalità di calcolo dell’IMU sugli immobili di categoria D, quali  capannoni, alberghi e simili a destinazione produttiva.

Più salato il conto IMU sui capannoni e sugli altri immobili di categoria D.

Da quest’anno 2013, ai fini del pagamento dell’IMU sugli immobili produttivi con classificazione catastale nel gruppo D, bisognerà moltiplicare la rendita catastale – previa rivalutazione del 5% – per il coefficiente “65” anzichè “60” come per il 2012.

Per il 2013 L’INTERO GETTITO degli immobili produttivi con categoria D con  l’aliquota base dello 0,76% andrà allo Stato.

Se però il Comune ha deliberato un’aliquota maggiore di quella standard (ad esempio lo 0,96%) la differenza dello 0,20% dovrà essere pagata al Comune in cui è situato l’immobile.

Per il calcolo IMU relativo agli immobili di categoria D, sarà onere del contribuente calcolare e compilare il modello F24 in maniera corretta; ossia ripartire, quanto di spettanza dello Stato e quanto di spettanza del Comune.

Per tale motivo sono stati istituiti due nuovi codici tributo IMU, ai fini del versamento dell’imposta sugli immobili classificati nella categoria D.

I nuvoi codici tributo IMU sono i seguenti:

  • 3925 denominato “IMU – imposta municipale propria per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D – STATO”
  • 3930 denominato “IMU – imposta municipale propria per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D – INCREMENTO COMUNE”

Esempio di calcolo IMU:

Capannone industriale – immobile categoria D – con una rendita catastale di euro 5.000,00.

IMU da versare ALLO STATO

Rivalutazione del 5%                                                                                           5.250,00
Applicazione del coefficiente moltiplicatore  65                                             341.250,00
Calcolo IMU da versare allo Stato in ragione d’anno 0,76%                              2.593,50
IMU da versare allo Stato come prima rata 2013                                              1.296,75

Se il Comune ha deliberato – per gli immobili categoria D – un’aliquota maggiore della standard, ad esempio  dello 0,96%,  occorrerà integrare lo 0,20 % con questo ulteriore calcolo per determinare il pagamento da effettuare al Comune.

IMU da versare al COMUNE PER IL MEDESIMO IMMOBILE

Calcolo IMU da versare al Comune in ragione d’anno 0,20%                                          682,50
IMU da versare al Comune come prima rata 2013                                              341,25

Per un totale IMU, da pagare sullo stesso immobile, in acconto per il 2013, ed entro il 17 giugno 2013 pari ad euro 1.638,00.

  • Solo per gli immobili di categoria D5, come da tabella sotto riportata, il moltiplicatore sarà 80 e non 65, quando utilizzati a fini di lucro.
  • PARTICOLI COMPLESSI RIGUARDANO GLI IMMOBILI CHE SONO STRUMENTALI AD ATTIVITA’ AGRICOLE, PER I QUALI VI RIMANDIAMO A QUESTO LINK.
Gruppo D
D/1 (Z/1) Opifici Rendita per 65 Valore per aliquota
D/2 (Z/4) Alberghi, pensioni e residences (con fine di lucro) Rendita per 65 Valore per aliquota
D/3 (Z/5) Teatri, cinematografi, sale per concerti e spettacoli e simili (con fine di lucro) e spettacoli e simili (arene, parchi-giochi) Rendita per 65 Valore per aliquota
D/4 (V/5) Case di cura ed ospedali (con fine di lucro) Rendita per 65 Valore per aliquota
D/5 (Z/3) Istituto di credito, cambio e assicurazione (con fine di lucro) Rendita per 80 Valore per aliquota
D/6 (V/6) Fabbricati, locali ed aree attrezzate per esercizio sportivi (con fine di lucro) Rendita per 65 Valore per aliquota
D/7 (Z/1) Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni Rendita per 65 Valore per aliquota
D/8 (Z/2) Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni Rendita per 65 Valore per aliquota
D/9 (Z/8) Edifici galleggianti o sospesi assicurati a punti fissi del suolo, ponti privati soggetti a pedaggio Rendita per 65 Valore per aliquota
D/10 (Z/2) Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole Rendita per 65 Valore per aliquota
D/11 (T/7) Scuole e laboratori scientifici privati Rendita per 65 Valore per aliquota
D/12 (Z/8) Posti barca in porti turistici e stabilimenti balneari Rendita per 65 Valore per aliquota

 

 

Il reato non sempre raddoppia i termini per l’accertamento

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La notizia di reato tributario non sempre raddoppia i termini per l’accertamento.

Recenti sentenze dei giudici di merito hanno affermato l’illegittimità della segnalazione di reato da parte dell’Amministrazione.

1) Normativa sui termini per l’accertamento.

I termini per l’accertamento tributario sono fissati “al 31 dicembre del quarto anno successivo” a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi; in presenza però di un reato tributario il termine di decadenza si raddoppia, e l’Ufficio potrà emettere l’accertamento “entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo” a quello di presentazione della dichiarazione.

In caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi i termini per l’accertamento ordinario restano fissati alla medesima data in quanto l’esperimento dell’accertamento si prescrive entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello dell’anno oggetto di verifica, mentre in caso di reati tributari si prescrive invece un anno dopo, ossia entro il 31 dicembre del decimo anno successivo a quello dell’anno oggetto di verifica.

Ad esempio entro il 31 dicembre 2013, si prescrive l’accertamento per la dichiarazione dei redditi presentata nell’anno 2009 relativa all’anno 2008.

Entro il 31 dicembre 2013 si prescrivono i termini per l’accertamento relativo all’anno 2008 in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.

Quando invece il contribuente, ad esempio per lo stesso anno 2008,  abbia commesso un reato tributario, gli Uffici finanziari protranno emettere nei suoi confronti l’avviso di accertamento fino al 31-12-2017 (nel caso  abbia presentatato la dichiarazione dei redditi Unico-2009 anno 2008) e fino al 31-12-2018 (nel caso in cui invece il contribuente abbia omesso di presentare la dichiarazione dei redditi Unico-2009 anno 2008).

2) Sentenze delle Commissioni sui termini per l’accertamento.

Varie sentenze dei giudici di merito hanno dichiarato illegittima la richiesta del raddoppio dei termini per l’accertamento, esperita dall’Amministrazione finanziaria, quando la segnalazione di reato sia solo strumentale allo stesso prolungamento dei termini di prescrizione. Vale a dire quando l’Agenzia delle Entrate, al solo scopo di ottenere la possibilità di riaprire i termini per emettere l’accertamento, per un anno già prescritto, effettui la segnalazione alla Procura.

Ciò in ossequio all’Ordinanza n. 247-2011 della Corte Costituzionale, emessa appena due anni fa.

Nella sentenza della Consulta prima viene precisato che è legittimo il raddoppio dei termini di decadenza quando i verificatori scoprano un reato tributario perpetrato dal contribuente dopo il decorso dell’ordinario termine di decadenza (31 dicembre del 4° anno dalla presentazione della dichiarazione dei redditi, 31 dicembre del 5° anno dall’anno da verificare in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi).

La stessa ordinanza, però, continuando, recita che “per evitare l’utilizzo strumentale – da parte degli Uffici fiscali – della comunicazione alla Procura della notizia di reato, al solo scopo di «riaprire» anni d’imposta non più verificabili, ha puntualizzato che è obbligo del giudice di merito valutare, con i motivi di impugnazione, la presenza dei presupposti inviolabili degli estremi di denuncia (da parte dell’Amministrazione)”.

Ciò come detto al fine di evitare che l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza, dispongano la comunicazione alla Procura al solo scopo della riapertura dei termini di decadenza di anni prescritti, quando non vi sia l’obbligo di denuncia, in presenza di reati solo presunti e non supportati da elementi reali o di reati la cui prescrizione penale sia già intrevenuta.

Anche se per l’Agenzia delle Entrate – con la circolare 54/E del 2009 –  ha affermato che il raddoppio dei termini si realizza a prescindere dall’esito del procedimento penale.

Infatti nelle ultime sentenze delle Commissioni tributarie è stata data maggiore attenzione al controllo sulla legittimità del raddoppio dei termini e alla validità della notizia di reato.

Alcune pronuncie:

La CTR Umbria (con le sentenze n. 237-1-11 e 41-02-2012) ha affermato che se il reato tributario è già prescritto, l’amministrazione finanziaria non può chiedere il raddoppio dei termini per l’accertamento. Come ha fatto anche la  CTP di Vicenza (con la sentenza n. 824-1-12) e la CTP di Ancona (con la sentenza n. 102-2-13).
Queste sentenze dichiarano meramente strumentale e pretestuosa,  la denuncia alla Procura per il raddoppio dei termini per l’accertamento,  quando sia già intervenuta la prescrizione del reato.

Si ricorda in tal senso che prima dell’entrata in vigore dei nuovi termini di prescrizione dei reati tributari, avvenuta in data 17-9-2011, questi non erano più contestabili decorsi 6 anni dalla commissione del reato, che si allungavano a 7 anni e mezzo in caso di cause interruttive. Dal 17 settembre 2011, con la riforma contenuta nel Decreto Legge n.  135-2011, i termini di prescrizione dei reati tributari sono passati da SEI ad OTTO anni. Eccezion fatta per  le violazioni penali relative ad omessi versamenti, indebite compensazioni e sottrazione fraudolenta d’imposte, per le quali continuano ad applicarsi i precedenti termini di 6 anni.

Ritornando al tema, nel caso in cui il contribuente riceva una notizia di reato,  per un anno già prescritto che sottointende al raddoppio dei termini per l’accertamento, potrà produrre opposizione, chiedendo alla Commissione Tributaria la verifica degli obblighi di denuncia alla Procura da parte dell’Agenzia delle Entrate.  Nel caso i giudici di merito non ritengano congrua la richiesta di raddoppio dei termini, l’accertamento è invalido per decorso dei termini.